La dignità di chi non si arrende

Taranto. Quasi duecentomila anime raggruppate in un territorio splendidamente storico pregno di ricchezze paesaggistiche e archeologiche. Paradossalmente il turismo che stenta a decollare per una cattiva gestione territoriale, per la mancanza di investitori e per la presenza oppressiva di fabbriche che appestano l’aria, che fanno ammalare i nostri cari, che relegano il futuro della città dentro una tuta blu contaminata. Un turismo che stenta a decollare perché le vie di comunicazione si fermano a trentacinque chilometri dalla città, il porto è schiavo dell’industria, l’aeroporto è aperto ma in realtà chiuso, i treni soppressi.

Dentro queste invisibili mura vivono i tarantini, con il loro ego, con una capacità innata di non vedere il problema del prossimo ma solo il proprio. Fortunatamente non tutti coltivano il proprio orticello ma si preoccupano anche di chi sta intorno a loro.

Sono i volontari del sociale. Gente che non ha un nome e una notorietà, non ha ricchezze e proprietà, che non ostenta ciò che fa ma solo un grande cuore.

Centinaia di persone vivono in condizione di povertà estrema, costrette a vivere in un garage umido e senza servizi, alla costante ricerca di un lavoro o di un aiuto, sostenuti solo dalla disperazione per, cercare di garantirsi un minimo, un pasto. Tante altre vivono senza una casa, ospiti di un amico o di un volontario e in qualche caso solo di una scatola di cartone e un freddo pavimento. Molte chiese sono sorde alle richieste di aiuto, alcune fanno molto più delle loro possibilità, poche a dire il vero. La solidarietà delle parole la applicano tutti, ma poi concretamente chi fa qualcosa? Fate un giro nei centri di accoglienza e rendetevi conto da soli. Per un giorno spegnete le tv e cercate di capire quanti hanno bisogno e quanti in realtà aiutano. Siate partecipi per un giorno.

Queste persone che adesso vivono in condizioni disagiate hanno una loro storia, magari talmente sfortunata da sembrare irreale, ma tutte hanno lo stesso sguardo. Nei loro occhi scorgi un fuoco, il fuoco della dignità. Non si arrendono, non fanno le vittime, non si piangono addosso, ma ogni mattina combattono per sopravvivere.

Chi realmente da loro una mano? La povera gente.

Chi è ricco, chi ha il macchinone, chi ha venti case non alza un dito per loro, non si avvicina per capire le loro sofferenza; li guarda da lontano con sdegno e superiorità.

Chi vive con poco divide il proprio poco con loro, li aiuta nei centri di sostegno, porta un cappotto, li scalda con l’affetto, prepara i pasti.

In tutto questo Amore e in tutta questa indifferenza le istituzioni dove si pongono?

Lo vediamo tutti. La scusa migliore è “non ci sono soldi”. Ma nemmeno i volontari hanno soldi.

Esiste una programmazione chiamata “Piano sociale di zona 2014-2016” che prevede tante buone possibilità. Ma sono state realizzate o sono rimaste su carta?

Scaricatela qui: http://www.comune.taranto.it/attachments/article/1787/Piano%20di%20Zona%202014-2016.pdf e leggetela tutti. Vi renderete conto che le cose da fare sono tante.

Quello che risalta agli occhi subito è il trattamento di disparità tra i poveri e i senza fissa dimora di Taranto e quelli di una città lontana cento chilometri come Bari. Due mondi lontani anni luce.

Avvocati di strada pronti ad aiutare, centri diurni di accoglienza, alloggi di emergenza abitativa, uffici sempre aperti al pubblico sono le cose che più facilmente si nota, ma quello che non si vede è una macchina amministrativa ben oliata e funzionante con regole precise e tanto cuore.

A Taranto gli alloggi popolari scarseggiano e piani di investimenti non se ne vedono. Allora il comune chiede ai cittadini di mettere a disposizione le proprie abitazioni sfitte e garantisce loro l’affitto per due/tre anni. Ecco che il tarantino benestante po’ redimersi e partecipare alla rinascita sociale della città. Risultato? Solo tre appartamenti messi a disposizione. Una grande prova di indifferenza, moralmente deprecabile. E’ qui che il tarantino dà il meglio di sé. Avrebbe la possibilità di migliorare le cose ma preferisce stare immobile e accusare il comune di non fare niente. Troppo comodo!

Ma allora a Taranto cosa è la povertà? Forse un mezzo di propaganda elettorale in cui posso aiutarti ma solo se mi garantisci un voto? Oppure una faccenda di cui tanto se ne deve occupare qualcun altro?

Se ne sentono tante in merito, ma prestare orecchio alle cattiverie è facile e non sarebbe giusto, quel che trovo ancora più ingiusto però è vedere una situazione di disagio profondo che non si attenua, anzi peggiora costantemente.

Qualcuno colpevolizza le istituzioni perché i fondi per gli immigrati arrivano puntualmente e in quantità maggiore e ai nostri concittadini invece viene negato anche il minimo per la sopravvivenza. Ma anche questo modo di pensare è socialmente sbagliato. Che colpa hanno queste persone? Scappare dalla guerra? Scappare dalla fame? Non è colpa degli immigrati, non è opportuno farli diventare il capro espiatorio di una nostra situazione sociale carente. E diffidate di chi vi dice che la colpa sia loro, istigando alla violenza e al razzismo. Lo fanno per un proprio tornaconto, forse elettorale. Ricordiamo che i peggiori regimi sono nati dall’odio razziale e religioso.

Noi siamo migliori di così, la guerra contro la povertà si combatte in due modi: cambiando l’amministrazione comunale e impegnandoci tutti, tutti i giorni verso chi ha bisogno di noi.

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